martedì 13 dicembre 2022

18 DICEMBRE, MEMORIAL FABRIZIO CAMBI

 

DALL'UNIVERSITA' DI TRENTO DOVE FABRIZIO LAVORAVA, CI ARRIVA UN CONTRIBUTO DELL'AMICO ANDREA BINELLI CHE LASCIO ALLA VOSTRA LETTURA.


       Buongiorno. grazie a tutti per la vostra partecipazione alla 16° ‘Corsa degli auguri - Memorial Fabrizio Cambi’ e grazie a Padre Gabriele che mi ha chiesto di scrivere per l’occasione un contributo in quanto allievo, collega e amico di Fabrizio Cambi presso l’Università di Trento.

Provo spesso a immaginarlo ma non ho nessuna certezza su come Fabrizio vivesse la distanza e le somiglianze fra questi due mondi, quello della corsa e quello degli studi accademici, che peraltro corrispondevano perlopiù a due geografie così diverse: la sua Livorno baciata dal mare e Trento con le sue montagne. Di certo, fare avanti e indietro fra questi due mondi, senza mai venire meno in nessuno dei due, ha scandito tanti anni della sua vita, fino a diventare una forma di normalità, sicuramente faticosa ma verso la quale chi lo conosceva nutriva una grande ammirazione. Ricordo che una sera tardi, in taverna a Trento, dopo un consiglio di dipartimento infinito, con forti tensioni e quindi molto impegnativo, una collega stremata da quella giornata difficile, restò sbalordita dal resoconto autoironico e vivace di Fabrizio sulla maratona che egli aveva corso giusto un paio di giorni prima, e alla fine gli chiese: “Ma sei tu che sei bionico o dipende da quello che mangiate a Livorno?”

In realtà ad avvicinare lo studio e la corsa sono tante cose. Intanto sono attività che puoi fare ovunque, sul lungomare come sul Lungo Adige, perché quello che serve è già dentro di te. E, soprattutto, le accomuna una certa idea di generosità e di resistenza che in Fabrizio trovano un fulgido esempio. “Perché dovremmo fare anche questo sforzo?”, gli chiedevano i colleghi all’epoca in cui lui era preside di facoltà e lui li esortava a svolgere una mansione, o più semplicemente, ad avere una premura in più: “Per spirito di servizio”, rispondevano i suoi occhi prima ancora che aprisse la bocca, per poi usare quelle stesse parole. Questa abnegazione, l’altruismo e l’entusiasmo fiducioso con cui metteva in atto i sacrifici nella certezza di ottenere risultati per la collettività è proprio quello che ci manca e ci ispira di più oggi. Insomma, corsa e studio sono entrambe attività di nicchia, forse per gente un po’ strana, in cui non è indispensabile ma certamente aiuta l’essere un po’ folli e dimentichi di sé, del presente, con le sue difficoltà e la sua stanchezza, per puntare dritto all’arrivo, agli obbiettivi solo apparentemente irraggiungibili delle nostre corse e delle nostre vite. Il mio personale augurio, infine, è che il ricordo di Fabrizio continui a lungo a guidare i nostri e i vostri passi.

                                                                                                                                                                                                                        Andrea Binelli

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